Catene cinetiche
Se si parla di postura è necessario comprendere che un distretto corporeo non lavora mai da solo, ma sempre in sinergia con altri: si parla per questo motivo di catene.
Il concetto di catena cinetica è spesso considerato solo in riferimento al muscolo, ma questo è il più semplice elemento da individuare e colpevolizzare, non l’unico responsabile di alterazioni, algie o patologie.
Il muscolo è in diretto e costante rapporto con nervi, vasi, tendini, articolazioni, sistema scheletrico e molto altro.
Postura e catene
Per analizzare a fondo l’argomento postura non sono sufficienti tutti i libri e gli studi fatti finora: medicina, psicologia, chinesiologia, osteopatia sono solo alcune delle materie che ruotano attorno al tema.
Le catene cinetiche nella vita moderna sono fortemente sollecitate in negativo. Le posizioni che siamo costretti ad assumere nel quotidiano per lavorare, guidare, studiare o fare qualsiasi altra attività sono sicuramente un insieme di stressor posturali.
Inutile pensare che fare un paio d’ore di attività fisica “controllata” a settimana possa soddisfare quella che è la necessità di riequilibrio.
Le catene cinetiche sono molte e classificate in maniera disparata da diversi autori.
In una prima analisi, così come fatto da moltissimi esperti ideatori di metodi riconosciuti in ambito scientifico, come Mézières e Souchard, una delle catene più fortemente sollecitata è la posteriore. Per semplificare essa va dalla testa alla pianta dei piedi nella parte retrostante del corpo ed è formata dalle strutture muscolari, e non solo, presenti.
La catena cinetica posteriore
Perché questa catena lavora male?
Una prima analisi, non esaustiva, è semplice: la forza di gravità che contrastiamo in continuazione ed in tutte le posizioni sulla terra (in acqua è diverso n.d.r.), sollecita in contrazione/retrazione questi muscoli, non a caso nominati da molti antigravitari.
Questo iperlavoro è evidente sia in posizioni statiche sia dinamiche: anche gli sportivi, nonostante facciano attività di allenamento, sono fortemente retratti in questa zona, in alcuni casi addirittura ancor di più dei sedentari poiché, oltre a dover contrastare la gravità, devono anche compiere gesti di contrasto e traumatici. Basti pensare ad un lancio, un salto, un calcio ad un pallone.
Cosa fare?
La risposta è: allungare.
A prescindere dal tipo di attività che si svolge è opportuno intervenire, almeno in ambito preventivo, sulla catena cinetica posteriore.
Sarà naturalmente un’attenta analisi valutativa di professionisti a capire se tale intervento dovrà essere l’unico, abbinato ad altro o, in taluni casi specifici evitato, per la presenza di particolari controindicazioni.